Les Paruriers

F.Muller: Les Paruriers (Bijoux de la Haute Couture)-Grand-Hornu Images/Fond Mercator-Paris 2006 - pp.193-197

 

Dopo aver studiato come stilista diplomandosi all’Istituto Marangoni di Milano, Stefano Poletti ha seguito i corsi dello Studio Bercot a Parigi nel 1984. L’impressione di raggiungere la creazione pura, la percepisce durante lo stage di un anno presso Azadin Alaia. Su consiglio di Marie Rucki, direttrice di Bercot si rivolge verso gli accessori e comincia con la creazione di gioielli lanciando nel 1986 la sua linea di bigotteria Stefano Poletti Bijoux sviluppando nel contempo oggetti di design e complementi di arredo.

La scelta di creare dei gioielli è stata un modo per avere il controllo totale sull’oggetto ed assecondare le sua passione per il design.

 

Era il pieno periodo di Menphis e nessun gioiello si inseriva nel Movimento Post Moderno.

Stefano cerca di realizzare quello che manca e propone le sue creazioni alla Boutique di Nestor Perkal vicino a Beaubourg. La sua prima collezione nel 1986 sarà molto apprezzata per le sue strutture in legno o in metallo coperto da sabbia, conchiglie, coralli e stelle marine. Ma  nel corso degli anni saranno il vetro soffiato e l’ottone che diventeranno la sua vera firma.

 

Dal 1983 al 1988 assiste Elisabeth de Senneville per le sue collezioni di accessori, per la moda e per la casa. Nel 1991-92 è anche professore di design del gioiello all’ Istituto Europeo di Design di Milano e dagli anni 2000 collabora con le aziende Daum e Lalique.

 

E’ presso Thierry Mugler che vive la sua prima esperienza di collaborazione con un couturier. Non ha problemi a comprendere e tradurre  i disegni o i progetti  che gli vengono affidati: passa dagli spazi interstellari molto mugleriani ad atmosfere floreali trasposte in satelliti d’argento”bombardati” di pietra pomice o in fiori del Paradiso in plastica. Le proporzioni dei suoi prototipi giudicati troppo piccoli, sono spesso aumentate per meglio inscriversi nell’ universo di Thierry Mugler.

 

Nel 1988 comincia a lavorare per Cristian Lacroix dando origine a una fruttuosa collaborazione . Negli anni 90 al momento dell’ affermazione del minimalismo, Stefano Poletti si consacra all’alta moda. Dedicandosi in maniera mirata all’accessorio di sfilata creando per Christian Lacroix, Givenchy, Lanvin, Chanel, Yves Saint Laurent,  Balmain, Nina Ricci, Gérarald Watelet,  Scherrer, Hanae Mori e Dominique Sirop. Ma allo stesso tempo ha lavorato anche per numerose collezioni di pret à porter da Thierry Mugler, Montana, Ungaro, Jil Sander, Guy Laroche, Jean Charles de Castelbajac, Chloé, Romeo Gigli ecc…

Molti dei suoi gioielli sono stati acquistati dai fondi nazionali di arte contemporanea.

 

 Molti stili sono attribuibili a Poletti e permettono di identificare chiaramente le sue realizzazioni. Da un lato mette in scena un approccio molto astratto, impalpabile e all’apparenza fragile del gioiello. Come ad esempio il pesce in vetro soffiato e perle trasparenti e iridescenti della collezione d’ Alta Moda dell estate 1996 ordinatagli da Loulou de la Falaise per Yves Saint Laurent o quei vetri di murano della stessa stagione lavorati alla foglia d’oro per Nina Ricci. D’altro canto il metallo è scolpito in funzione della morfologia che  sottolinea e trasfigura come il braccialetto gonfiato della collezione di alta moda di Jean Louis Scherrer dell’estate 1998 o il corpetto a collo alto in raggi di metallo dell’ inverno 1999-2000.

 

Il filo conduttore del suo stile asseconda il suo gusto naturalista e la sua capacità di tradurre le particolarità e gli aspetti effimeri della natura. Fragilità, delicatezza, evanescenza di cascate di pietre dure, di cespugli di bacche o di felci, o di rami con foglie appena appassite, sono particolarmente ben rappresentate nei bijoux creati per Christian Lacroix. Stefano Poletti traduce con brio per lo stilista uno spirito di”pianta rampicante”. Dei modelli fatti di radici di albero intrecciati con petali di fiori in plastica ricamati, dei cuori ex voto costruiti a partire da frammenti di specchi infranti e piccole perle posizionate su classiche basi di metallo stampato, si inscrivono secondo  Stefano Poletti sulla scia dello stile di Myriam Asckell.

 

Ogni nuovo materiale interessa Stefano e lo costringe ad adattarsi ed inventare una nuova tecnica. La maggior parte dei suoi fornitori vengono da Venezia e vengono da tre, quattro atelier ai quali  chiede delle riproduzioni con motivi degli anni cinquanta. Spesso l’aspetto etereo dei suoi modelli è dovuto all’uso dell’ottone intrecciato che permette il trattamento dei gioielli in rilievo. Un sottile filo di ottone lega le pietre le une alle altre. Le clienti hanno tutto il piacere di appropriarsi di questo gioiello, animarlo e modellarlo secondo i loro desideri.

 

Da qualche anno Stefano Poletti si è lanciato col suo brand nel “gioiello vivente” come queste bolle di vetro di murano che imprigionano una pianta. Dagli anni 2000 seguendo il tema dello specchio veneziano ha sperimentato tutte le patine possibili del vetro: dorato, invecchiato, satinato, sabbiato. Con l’ottone lavora anche il plexiglass dal taglio al laser o il legno bruciato per una collezione recente sul tema del teatro la Fenice e della perdita di gioielli durante il terribile incendio che lo ha distrutto.